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La Digitalizzazione della Giustizia

Contributo dell' Avv. Franco Moretti Foro di Roma 09-03-2024



La c.d. digitalizzazione della giustizia costituisce un’opportunità anche per gli avvocati. Sarebbe miope ridurre questo fenomeno ai fascicoli telematici civile (già in essere da tempo) e penale (in fieri). Questi, a ben vedere, altro non sono che epifenomeni di un processo rivoluzionario più ampio, rispetto al quale a cambiare non è solo la veste dell’atto (da analogico a digitale) o la modalità del suo deposito (dalla cancelleria al portale) ma l’interazione tra i protagonisti della controversia in atto (stragiudiziale o giudiziale). Interazione rispetto alla quale i (già vecchi) fascicoli telematici previsti dai codici di rito sono del tutto inutili. Essi esprimono una dimensione certamente evoluta ma statica della giustizia: una proiezione digitale e smaterializzata dei fascicoli cartacei i quali, mentre prima erano fermi nelle cancellerie, ora sono (quelli civili) e saranno (quelli penali) fermi in una dimensione cloud. Nulla di più o di diverso.


Da quando è entrato in vigore il processo civile telematico e la legge delega per la riforma Cartabia del processo penale, ha fatto ingresso concreto nel mondo l’intelligenza artificiale: un ospite ancora sconosciuto in buona parte ma che ha già manifestato la propria volontà di rivoluzionare il pianeta. Su Il Sole 24 Ore dell’8 marzo 2024 è stato pubblicato un contributo dal titolo Dall’intelligenza artificiale partirà una nuova rivoluzione industriale, quale

sintesi di una riflessione emersa a Londra nel corso di un incontro organizzato dal Gruppo 24 Ore in collaborazione con l’Ambasciata italiana. Gli avvocati hanno il dovere (prima che l’interesse) di pensare la professione in questa prospettiva, ove cioè la digitalizzazione, la smaterializzazione non riguarderà solo ciò che il pubblico ci dà o ci impone (i fascicoli) ma l’interazione con colleghi, consulenti tecnici, ausiliari e ogni altro protagonista della controversia disponibile a farlo nel rispetto delle normative di riferimento.

Questo significa fare professione nel digitale, in osservanza degli stessi criteri deontologici di oggi ma con il vantaggio di avere uno spazio virtuale disponibile al confronto continuo e potenzialmente illimitato, con condivisione anche di tutto ciò che non viene ufficialmente depositato al fascicolo telematico ma che, per esperienza, sappiamo essere spesso il sale della professione per risolvere questioni o raggiungere accordi.


Piattaforme come questa esprimono esattamente il concetto in esame e ben potranno

essere un luogo in cui, puntualizzato tutto quanto necessario per la tutela della riservatezza e del segreto istruttorio penale, i protagonisti della controversia potranno avere uno spazio di coworking transterritoriale utilissimo.

Se a questo abbiniamo il valore aggiunto che sicuramente arriverà dall’intelligenza artificiale, con la velocità della luce a cui si sta muovendo, dobbiamo concludere di avere davanti a noi prospettive interessantissime ed emozionanti.


Avv. Franco Moretti

Foro di Roma

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